#11
tre.per.te.nuove (Si.In.tesi)
IL LAVORO
Sebben Anna Maria: Perché i barch sono una caratteristica della zona qua. Cioè, una volta, l’era un … l’era forse anche un privilegio poterlo avere. Perché sennò…
Zucco Diego: Tipo la méa (meda)
Sebben Anna Maria: Sì, facevano un’altra costruzione per conservare il fieno, che l’era questo palo piantato in mezzo e il fieno che veniva disposto a circolo dalla base, bella larga, finché arrivavi ad un colmo, per dirti, e l’era la cosiddetta méa, mèda in italiano. Però allora di solito veniva fatto in montagna, perché tanti qua di Fonzaso hanno terra sopra, sul Roncon, terra, prati, boschi, e adesso l’è tutto un po’ in disuso, però una volta l’era tradizione lavorare in questo modo.
Non è come una volta, che mio papà mi faceva andare… io ero piccoletta, grande così, e io avevo già il mio rastrellino. E mi faceva andare in bicicletta a fare sto fieno, la mattina a buttarlo fuori, a mezzogiorno a girarlo, e poi la sera a tirarlo su, quindi te féa la rèla, la cosiddetta rèla, che praticamente era tutto il fieno che veniva ammucchiato così, e dopo quando era un giorno due che era a terra, bisognava far i cosiddetti marùth, che i è delle, che le era delle piccole, cioè tiravi su sto fieno e dopo, così il terreno si asciugava, e dopo riuscivano a metterlo via. Poi io l’ho vissuto con mio papà, con mio nonno, poi lo vendevano, perché venivan su, com’elo che i se ciaméa, quei dò par la trevisana, i vacher…”
Zucco Diego: Quei che vendéa fen
Sebben Anna Maria: Sì, quei che avéa, quei che i vendéa … arrivavano con questi camion, che ades par un’utopia, perché adesso tutti con ste macchine, con sti trattori, i passa, i fa, com’elo che la se ciama, la balla?
Zucco Diego: Balla
Sebben Anna Maria: E il lavoro l’è finito là, e dopo se lo tiran su… Una volta l’era un lavoro che non finiva mai: e tiralo su, e tiralo giù, e poi mettilo via. Però l’era anche piacevole, nel senso che magari, ecco mio padre aveva dei pezzi di prato impegnativi. Lui faceva l’operaio e poi pomeriggio, la mattina a seconda del turno faceva quest’altro lavoro.


Il tema della dualità accompagna il cammino e, da un lato lega arte e pubblico, dall’altro campagna e natura. Tre.per.tre.nuove è, idealmente, la celebrazione dell’insieme statico e dell’unione dei diversi, della coesione e della sincresia tra “tesi, antisi e sintesi”. Una proposta unica che si raddoppia, due barch come due pianeti che si rincorrono e che trovano il loro sole nella proposta della stessa campagna e dell’esperienza del pubblico partecipante.
– ivan