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salta.tempo (P.Rime)
BARCH: proprietà Frison Anna Maria
AVABARCH: proprietà Barp Marco
LA TRASFORMAZIONE DEI BARCH
1: Come si vede dalle fotografie della prima metà del ‘900, i barch avevano inizialmente il tettuccio (cuèrt) di paglia di frumento, oppure, a seconda delle zone, di canna palustre o di mannelli di faggio come i fojaroi del Grappa.
Le immagini mostrano la disposizione dei mannelli a falde sovrapposte, con tetti piuttosto spioventi per favorire lo scorrimento dell’acqua. La pendenza del tetto era più accentuata in montagna per consentire il rapido scivolamento della neve. Francesco Bof, classe 1935, ricorda:
“al frumento si tagliava la spiga e si teneva la paglia, che veniva legata in mannelli, mazét. Sulla sommità del tetto c’era il corlo, da cui partiva la struttura di legno. I mannelli venivano legati cominciando dalla base del tettuccio; la fila soprastante doveva coprire il punto di legatura, la legaùra, di ogni mannello. Quando si arrivava al corlo si mettevano el cordol de paja per evitare le infiltrazioni d’acqua e in cima una croce, la cros, sempre di legno. Tutti i barch ce l’avevano. La cros serviva a proteggere il fieno dai fulmini e dagli incendi. La durata della copertura in paglia era limitata (circa 5 anni), sia per effetto degli eventi atmosferici, sia perché gli uccelli e i topi andavano a frugare tra la paglia per cercare rimasugli di chicchi”.
Secondo altre testimonianze questo tipo di copertura rendeva più leggero il tetto del barch, facilitando le operazioni di caricamento ed era più accessibile da un punto di vista economico, in quanto si riciclava un materiale di scarto come la paglia.
Soprattutto a partire dal secondo dopoguerra si diffuse la copertura di lamiera e poi di lamiera zincata, più resistente, che garantiva una durata del barch per almeno 50 anni. Gli stél, i pali di sostegno, vennero in molti casi sostituiti con tubi di ferro. Anche le croci erano di metallo.



Ragionar sul tempo che corre e scorre la campagna e le stagioni, una sorta di clessidra che misura epoche biografiche più che temporali, nel ricordo dei giorni che son e furono dove, proprio la luce e la sua proiezione sul terreno grazie a legnami o arbusti, da e dava la misura e la grandezza del tutto. Un tributo ad un’epoca che attraversa tutti i tempi.
– ivan