#6

giro.giro.mondo (Con.Veggenza)

BARCH: proprietà Simonetto Santino
AVABARCH: proprietà Simonetto Remo

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Il divertimento di fare fieno

Todesco Mirco: La maggior parte del lavoro lo faceva mia nonna, perché era mia nonna la contadina. Mio nonno faceva il muratore, quindi era stagionale in Svizzera addirittura lui. E poi quando tornava dalla stagione, quindi verso ottobre, faceva l’inverno, l’inverno a casa, però durante l’anno erano i figli che tagliavano, o mia nonna addirittura, con la falce. Mia nonna era una macchina da guerra perché … mia nonna era veramente l’uomo di casa e lei faceva tutto. Faceva tutto. Si guardava i campi, faceva il fieno, e … chiaramente con l’aiuto dei dei figli. Mio papà sicuramente sì, perché mi raccontava insomma che lui andava a tagliare l’erba. Mi ricordo ancora la falciatrice che c’era, com’era fatta, che mi faceva paura anche da piccolo perché aveva ‘st , ‘sta lama che mi faceva pura e mi ricordo che mio papà tagliava l’erba, sì, e poi con mio zio, uno dei miei zii soprattutto, e mia nonna riempi ano il barch […] Personalmente io son tanto legato alle tradizioni, proprio tanto. Quindi se io lì ho sempre visto il barch, può essere che non servirà mai più a nessuno, ma io da lì non

lo, non lo … non lo toglierei mai. Ecco, questo no […]

Todesco Mirco: Mi piaceva quel fieno, anche perché poi si facevano i mucchi e poi alla sera si saltava. C’era un altro ragazzino lì, che è quello che usa adesso il barch, che ha un anno meno di me, quindi siamo un po’ cresciuti assieme. E allora si lavora magari un pomeriggio intero a far tutti i mucchi e poi in un due ore la sera alle 7 si si distruggeva più o meno tutto, però insomma mia nonna era contenta lo stesso dai. Sì sì, no, ho sempre, ho sempre dato una mano per quello che potevo fare, soprattutto quando ero piccolino, perché appunto, ti dico, a 18 anni poi mia nonna non c’era più e quindi ero piccolo quando lavoravo lì. Sia con la vendemmia, che non mi piaceva, ma col fieno mi piaceva, sì.

In: Perché era un momento di gioco, perché era estate?

Todesco Mirco: Ma non lo so, era anche un po’ l’atmosfera forse sai. Io ho questa … questo ricordo di quando si partiva da casa per andare dai nonni a fare il fieno. Mi ricordo mio papà con le camicie a quadri non so perché, ma ho sempre questa, questa … quest’immagine nella testa e io mi ricordo che ci andavo veramente volentieri. Io ci andavo sempre volentieri lì, perché quando andavo lì c’era comunque il mio amichetto e si giocava, ma quando c’era comunque il fieno di mezzo era un po’, non dico una festa, ma era bello. Poi c’era mio nonno, si partiva da casa e si facevano ‘sti 200 metri e quando si arriva giù al campo diceva “Bene, adesso facciamo merenda”, ancora prima di iniziare lui faceva merenda. E quando c’era la merenda era bello.

È un tributo al paesaggio e alla centralità del barch nella sua terra, all’incontro dei monti con la sua gente, alle genti che han strappato terra fertile agli scoscesi delle montagne.
Il codice è quello del pieno vuoto, andar cioè a profilare il paesaggio d’intorno ascoltando le sue molte nature. Il legno si fa cielo e la campagna architettura del ricordo; mascherare l’incontro degli scoscesi dei monti di sfondo vuole evidenziarli, lambire il barch ormai a riposo, vuole quasi sollevarlo dal peso della fatica del tempo.
ivan

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