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in.segno (S.Freccia)

BARCH: proprietà Sebben Angelo Giovanni
AVABARCH: proprietà De Boni Ludovico/Slongo Gianni

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Lo stoccaggio del fieno.

Per conservare il fieno nei prati in cui era stato tagliato o in prossimità degli insediamenti del fondovalle dove sarebbe stato consumato, c’erano due possibilità: allestire una meta (méda-méa), cioè un covone, oppure costruire e caricare un barch, cioè un fienile con tettuccio mobile. La scelta era legata ai luoghi e alle possibilità economiche della famiglia. La méda era meno costosa poiché bastava un palo centrale, il medìl, che si appoggiava su una base di sassi e fascine o tavole (sentà).
L’allestimento di una méda richiedeva molta perizia nella disposizione del fieno, affinché la giusta compressione e la pendenza garantissero la conservazione del foraggio.
La méda veniva pettinata col rastrello per far scorrere velocemente l’acqua sulla superficie e questa era di solito un’operazione femminile. Sulla sommità si collocava un ròz, cioè una sorta di treccia di fieno lungo attorcigliato al palo per evitare le infiltrazioni d’acqua. Fino agli anni ’70 del ‘900 si vedevano ancora méde con un tettuccio mobile di paglia per una migliore protezione del fieno.

Molte méde venivano allestite sui prati di montagna, come ricorda ad esempio Angela Toigo (classe 1927):

“Su in Avena avevamo un barch e anche le méde, sette otto méde e una piccola casèra per fermarci. Il fieno da lassù lo portavamo giù in fasci (fas de fen), tagliati con il fer da fen, facevamo dei quadrati e ne mettevamo due per ogni mussa (slitta da fieno), un mezzo di trasporto che, quando era carico, richiedeva una conduzione piuttosto impegnativa, soprattutto per il frenaggio nei luoghi più scoscesi. Il fieno veniva legato con corde e con le spòle o spòre.”

il tema della relazione e del legame dei “di.versi”, grazie ad un lavoro che s’interroga su tutte le dimensioni prospettiche e spaziali del barch, che vuole affermare che questa terra è come la poesia: l’essenza ne sei tu che la leggi. L’arte t’indica, ti mira, ti chiama al protagonismo. Una freccia che abbraccia il campo ma lega anche i barch di sfondo, come a danzargli in mezzo, accompagnando lo sguardo al cielo.

ivan

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